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Aprite le gabbie, lasciate vivere i giovani alberi

Anni dopo la piantumazione, gli alberi sopravvissuti sotto il viadotto di Pedemontana, lottano ancora con le gabbie protettive

Fino a quando piantare un albero farà notizia, sarà difficile parlare seriamente di attenzione nella lotta contro l’inquinamento prodotto dal traffico e dal riscaldamento con carburanti fossili. Ancora peggio, anche quando questo avviene, si riesce spesso a farlo in modo approssimativo, quasi controproducente.

In Valle Olona c’è un ottimo esempio di questa situazione. Non a caso, si trova in prossimità dell’intervento urbanistico più diffuso degli ultimi anni, il viadotto dell’Autostrada Pedemontana. Una delle principali incompiute d’Italia, tanto potenzialmente utile una volta completata, quanto inutilmente sovradimensionata nella situazione attuale.

A cantiere concluso, la proprietà dell’opera ha proceduto alla piantumazione dell’area. Un intervento certamente meticoloso, per certi versi anche troppo. Anche se altrettanto zelo sarebbe stato gradito nel rimuovere la recinzione del cantiere, tutt’ora abbandonata nei paraggi, non si può comunque mettere in discussione la buona intenzione.

Sotto il viadotto la pianta arranca

Come sempre in questi casi, le giovani piante sono state inserite all’interno di una rete di plastica, utile a sorreggerle durante i primi anni e superare le avversità climatiche fino al raggiungimento di una dimensione in grado di renderle autonome.

Come spesso in questi casi però, una volta messe a dimora, le giovani piante sono state dimenticate da tutti. Anche quelle che non hanno ceduto ai rigori di estati sempre più torride e asciutte, ora si trovano a dover affrontare un altro problema.

La gabbia è infatti diventata ormai troppo stretta. Dove la pianta non ha trovato la forza di romperla, o dove non si è rotta da sola, la sensazione di sofferenza appare evidente.

Una sorta di zoo per alberi, dove solo chi ha la capacità di evadere riuscirà a sopravvivere. Se è un sistema scientifico per garantire la sopravvivenza delle più forti, appare piuttosto insolito e bizzarro.

Più facile invece, sia una nuova manifestazione di indifferenza delle Amministrazioni locali. Una volta tagliato il nastro e scattate le foto, quando serve un minimo di impegno anche solo per difendere l’investimento, tutti scappano. Probabilmente, alla ricerca di un altro nastro e altre foto.

Come se non bastasse, le carcasse delle gabbie spezzate, in plastica, restano abbandonate sul terreno. Un perfetto esempio di come trasformare un intervento a supporto dell’ambiente in uno prevalentemente dannoso.

Ultima osservazione. La foga di piantumazione ha spinto gli addetti a tappezzare anche buona parte dell’area sotto il viadotto, dove luce e acqua sono praticamente assenti. Casomai ci fosse una buon’anima veramente interessata a piantare e soprattutto far crescere nuovi alberi, c’è ancora tempo per salvarne qualcuno e trasferirlo in un posto più naturale.

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