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Sul fronte occupazione, Varese dimostra di saper fare un buon lavoro

Dati incoraggianti per tutto il 2017, prolungati all’anno in corso. Sotto osservazione i contratti a termine

Le premesse perchè il 2018 in provincia di Varese si affermi come l’anno della consacrazione per la ripresa economica ci sono tutte, A partire dall’occupazione, secondo i dati Istat elaborati dalla Camera di Commercio, in netta inversione di tendenza. In particolare, l’indicazione più incoraggiante arriva dal tasso di disoccupazione, vale  dire il rapporto tra persone in cerca di lavoro e la somma tra occupati e chi cerca occupazione.

Nella media del 2017 in provincia di Varese questo indicatore è sceso al 6,5%. Una diminuzione di ben due punti e mezzo percentuali rispetto al picco della crisi registrato nel 2015, quando lo stesso era salito al 9%, registrando quello che fu un record in negativo per il nostro territorio. Questo significa che le persone disoccupate sono diminuite dalle 36mila dello stesso 2015 alle attuali 27mila.

Nel contempo migliora anche il tasso di occupazione, il rapporto tra gli occupati e la popolazione tra i 15 e i 64 anni,  attestandosi nel 2017 al 67,6%, quando due anni prima era al 63,7%.  In tale direzione va poi anche un altro dato: sempre in provincia di Varese e sempre lo scorso anno, le assunzioni hanno fatto segnare un confortante +17,2%, raggiungendo quota 121.320 contratti stipulati tra gennaio e dicembre.

Inoltre, indicatore di stabilità atteso da tempo, per il secondo anno di fila – e nel 2017 più del 2016 – emerge  una continuità di segnale, trimestre dopo trimestre, con le assunzioni che sopravanzano il numero delle cessazioni contrattuali.

In particolare, il dato significativo registrato per tutto l’anno appena concluso è che gli avviamenti al lavoro sono sempre restati al di sopra del livello delle cessazioni. Questo a eccezione dell’ultimo trimestre, in cui è normale osservare un maggior numero di interruzioni dei rapporti di lavoro con l’approssimarsi della fine dell’anno e la fisiologica discontinuità dei contratti.

Occorre sottolineare, tuttavia, come sia ancora preponderante la quota dei contratti a tempo determinato (70,5%), in aumento in valore assoluto, rispetto allo scorso anno, quando erano 6mila in meno. Più in generale i contratti a termine, quindi con una scadenza, raggiungono la quota dell’87,8%, relegando quelli a tempo indeterminato al 12,2%.

In miglioramento anche le cifre relative alle giovani generazioni: qui l’indicatore scende dal 32,1% del 2015 al 29,3% dello scorso anno. Una diminuzione comunque non sufficiente a permettere di abbassare l’attenzione rispetto alla situazione di questa fascia di popolazione, ragazze e i ragazzi tra i 15 e i 24 anni, escludendo quelli ancora inseriti nel percorso scolastico.

Resta, infine, la differenza di genere: la disoccupazione al femminile, pur scendendo dall’11% del 2016 al 7,8% dello scorso anno, rimane più alta di quella al maschile, ora al 5,4%.

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