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Quando a friggere è il cervello social dei presunti giustizieri




Quello fantastico strumenti di comunicazione quale sa essere Facebook, per qualche strana ragione riesce spesso, troppo spesso, a tirare fuori il peggio da una persona. Problema relativo quando rimane circoscritto allo scalmanato di turno, non appena diventa una questione di gruppo, nel senso di attirare idioti come una mosca al miele, diventa un problema da affrontare.

Uno dei tanti, troppi esempi, è successo pochi giorni fa a Castellanza. Più del fatto in sé, una miscela deprimente di cattiverie, condanne senza appello e offese varie, da rimarcare è la situazione in cui il tutto è avvenuto.

Perché di mezzo ci sono da una parte dei volontari presi di mira dall’ormai inevitabile giustiziere virtuale. Dall’altra, niente meno se non simpatizzanti di un partito politico, per giunta di Governo, capaci di distinguersi soprattutto per prendersela con chiunque, senza troppi complimenti o buone maniere. A maggior ragione, quando qualcuno si permette di non allinearsi al proprio pensiero.

Tutto esplode in una delle tante Pagine locali. Quelle nate con la buona intenzione di chiacchierare del proprio paese, e presto trasformati in gogna virtuale a uso e consumo dei più repressi o degli spammatori di turno privi di scrupoli nello sfruttare un canale di servizio a proprio uso e consumo per farsi pubblicità

Lo scorso 21 giugno, il gruppo ribattezzatosi Attivisti Pentastellati Casstellanzesi ha ritenuto indispensabile lanciare una pesante accusa nei confronti di una bancarella durante la festa del Rione in Su, evento ormai tradizionale.

La colpa, documentata da immagini di un tubo posizionato con cura lungo il marciapiede fino a un vicino tombino, scaricare olio usato per fritture. L’equazione è semplice, almeno nella testa degli accusatori: lo stand propone fritti, per i fritti si usa olio, dallo stand esce un tubo, quindi quel tubo scarica olio.

Nella foga di proclamarsi paladini di non si sa bene cosa, nessuno si è preoccupato di verificare la fondatezza di tale bislacco ragionamento. Per esempio, domandarsi se per qualche strana ragione in quel contesto si usasse anche della comunq acqua. Più importante, arrivare alla condanna per gudagnare visibilità social.

Questo è il punto ancora più preoccupante. Esattamente è quanto successo. Prontamente, dai leoni dello smartphone è partita una serie di insulti, condanne e qualsiasi altra affermazione utile a sentirsi iù bravi di chiunque altro. Senza pensarci due volte, spingendosi all’intimazione alla denuncia.

Da sottolineare, nessuno realmente intenzionato ad agire di persona. Tutti solo interessasti a giudicare, istigare e dire agli altri cosa fare. Neppure dopo che qualcn’altro armato invece id buon senso ha almeno provato ad approfondire la situazione.

Nel frattempo, ai protagonisti loro malgrado della vicenda non è restato altro se non provare a guardare oltre. Forti di spalle larghe scolpite da anni di volontariato, provando a spiegare la realtà senza cadere nella trappola di abbassarsi agli stessi toni.

Per loro fortuna, questa volta almeno la vicenda è finita bene, grazie a chi voluto andare a fondo della vicenda senza pregiudizi.

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