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L’assistenza non può essere fai da te, al caregiver serve aiuto



L’assistenza diretta di una persona non autosufficiente, spesso si parla di Alzheimer, è scelta dal 71% delle Famiglie. Nel 59% dei casi una scelta per motivi economici, mentre  per il 32% da parte di chi preferisce non affidare le cure a estranei.

L’indagine condotta su un campione di tremila famiglie, evidenzia una diffusa sfiducia nelle strutture pubbliche e private (solo il 4% dichiara di farne ricorso), inoltre una quota di 200mila persone segnalano la mancanza di disponibilità nelle strutture del proprio territorio.

Nei casi di assistenza diretta assume un ruolo fondamentale la figura del caregiver, termine usato per identificare chi assiste (spesso una donna e senza alcun compenso) una persona (spesso un parente) non in grado di svolgere autonomamente gli atti necessari alla vita quotidiana. Si occupa dell’organizzazione dell’ambiente e delle risorse necessarie a garantire la migliore qualità di vita dell’assistito nel proprio ambiente familiare.

Quasi sempre è un familiare a diventare caregiver. Però, privo di preparazione specifica si trova a dover supportare in termini relazionali e assistenziali persone prevalentemente non autosufficienti e con patologie sempre più complesse.

Credit: Lance Cpl. Alexandra M. Harris

 

Nel 2016 in Italia c’erano 3,5 milioni (due terzi over 65) di caregiver, Nel 2018 una indagine ISTAT segnalava come 8,5 milioni di persone (spesso anziani) si prendessero cura o assistessero altre persone. In particolare quasi 7,3 milioni lo fanno verso propri familiari.

L’aumento consistente di questa figura è certamente uno dei principali motivi per cui la Commissione Bilancio del Senato ha approvato un emendamento per l’istituzione di un fondo di 20 milioni l’anno nel triennio 2018-2020 a sostegno dei caregiver familiari. Questo, in attesa di vedere approvato un disegno di legge ad hoc (in realtà fermo da tempo in commissione lavoro al Senato) che riconosca formalmente il ruolo del caregiver.

 Il fondo ha lo scopo di coprire eventuali interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore economico e sociale dell’attività di cura non professionale del caregiver familiare. O meglio avrebbe, in quanto a oggi nessun intervento legislativo è stato proposto e il fondo giace inutilizzato.

Tristemente inutilizzato, in attesa della prossima indagine ISTAT o di altri enti certificatori che ci informeranno di un ulteriore aumento del numero dei caregiver a causa della crescita dell’aspettativa di vita e il progressivo invecchiamento della popolazione.

Il caregiver svolge il proprio compito in silenzio, al limite lamentandosi solo con sè stesso per non riuscire a fare di più per l’assistito. Forse è questo il motivo per cui la loro situazione non cambia mai?

michiamoaldo

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